Se vuoi nascondere per bene qualcosa, nascondilo alla luce del sole.
Ne sanno qualcosa Google, Amazon, BNP Paribas, Deutsche Bank, Ikea, Pepsi, Lehman Brothers, Vodafone, Tim, Apple, Disney, Coca-Cola, e decine e decine di altre aziende; ad essere più onesti, la quasi totalità delle multinazionali di tutto il mondo.
Quel “qualcosa” da nascondere sono gli introiti da dichiarare al fisco; la luce del sole è quella che batte sulle Isole Vergini britanniche, o sulle Cayman, ma anche su metropoli decisamente meno floreali come Hong Kong, Singapore, Londra, o interi stati come Svizzera o Lussemburgo.
E’ capitato che i riflettori illuminassero la scena per qualche istante, a seguito di colossali fughe di notizie: Lux  Leaks, 2014, ha rivelato gli intricati schemi fiscali di più di 340 multinazionali, resi noti da un singolo informatore che lavora per una singola società di consulenza in un singolo stato europeo, il Lussemburgo; Panama Papers, 2016, 2.6 terabyte di documentazione digitale riguardanti non solo aziende ma funzionari pubblici, capi di stato, ministri, membri di FIFA e UEFA che regolarmente eludono ogni controllo fiscale.
Nonostante il pubblico dominio dei misfatti, non è chiaro a che punto siano le indagini sui responsabili. A quanto pare l’unica persona ad aver subito un processo finora è Antoine Deltour, l’informatore di Lux Leaks.

Tutti sappiamo che esistono i paradisi fiscali. Sono in pochi, però, a comprendere la reale portata del loro volume d’affari e il loro effetto sull’economia globale, e in pochissimi capiscono come funzionano e perchè siano così difficili da debellare.  Scandali a parte, difficilmente l’argomento viene trattato dei media, e il mondo della politica ha tutto l’interesse a mantenere il segreto.
E allora davanti all’ignoto e all’inestricabile solo l’arte può assumersi il compito di svelare l’invisibile. E renderlo chiaro come la luce del sole.
Vi presento tre progetti artistici che abbracciano diversi ambiti (fotografia, narrativa, arte contemporanea, giornalismo) che meglio di molti altri lavori di saggistica o compendi di finanza restituiscono la sensazione, quando non la narrazione, del sistema occulto della finanza globale.
Necessariamente si tratta di introduzioni sintetiche: il consiglio è di leggere, guardare, approfondire queste opere e i relativi autori.

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THE HEAVENS: ANNUAL REPORT
Paolo Woods, Gabriele Galimberti

Per più di due anni abbiamo viaggiato nei centri offshore che incorporano evasione fiscale, segretezza, attività  bancaria offshore e ricchezza estrema, spinti da una costante ossessione nel tradurre questo soggetto piuttosto immateriale in immagini. Abbiamo prodotto un corpus di lavori che mostra come appaiono questi luoghi, ma, cosa ancora più importante, che cosa significano.

Quello di Paolo Woods e Gabriele Galimberti non è solo uno stupendo lavoro fotografico: è un’operazione di indagine vissuta in prima persona.
Per raccontare il labirinto della finanza offshore i due fotografi hanno deciso di entrarci. THE HEAVENS è il nome della società che hanno aperto nello stato americano del Delaware, in 20 minuti, con un costo minimo e senza presentare documenti, negli stessi uffici in cui altre 285.000 aziende (tra le quali Apple, Bank of America, Google) hanno fatto lo stesso. L’Annual Report, il resoconto annuale dell’azienda, ha quindi preso la forma di un libro e di una serie di mostre.

Abbiamo scelto di parlare lo stesso linguaggio di quel mondo, quello delle fotografie dei dépliant dei grandi alberghi, delle brochure delle banche svizzere, patinato, luminoso, colorato e ben definito come nelle foto del National Geographic. Avvicinarci a quel mondo con il linguaggio che quel mondo conosce. È un cliché anche quello, ma puoi torcergli il collo. Far intuire che dietro un poster con le palme curve sul mare color smeraldo c’è altro.

Immagini nitide, spesso posate, in cui le figure umane sono parte di un contesto, anzi  di frequente sono solo un piccolo ma fondamentale elemento del paesaggio. Ma cosa ancor più notevole ogni scatto, anche quello apparentemente più innocuo ed evasivo, richiama il passaggio del denaro. L’incessante macchina economica appare in ogni quadro, che la scena sia in un ufficio di Londra o su una delle spiagge di Jersey. A volte in evidenza, altre volte seminascosto come la pinna di uno squalo. Ma  c’è, sempre.
A rendere il libro il capolavoro che è contribuiscono anche i testi affilati di Nicholas Shaxson, giornalista investigativo e autore di “Le isole del tesoro”; un’autorità in materia di paradisi fiscali. I suoi interventi non sono corollari, anzi si potrebbe dire che THE HEAVENS è in realtà un illuminante saggio incastonato in un volume fotografico.

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HEADLESS
Goldin+Senneby

Simon Goldin e Jakob Senneby lavorano insieme dal 2004 e fanno base a Stoccolma.
In questi anni hanno incrociato installazioni, performance e letteratura lavorando attorno ai concetti di occultamento e mistificazione tipici delle strategie aziendali e della finanza globale. Raramente partecipano all’esecuzione delle loro iniziative ed esternalizzano diverse parti del loro progetto a consulenti esterni, distributori e specialisti.
Qualche esempio? Money Will Be Like Dross, ispirato alle teorie dell’alchimista del XVIII secolo August Nordenskiöld, il cui obiettivo era creare oro dai metalli inferiori per abolire definitivamente la tirannia del denaro. L’opera consiste di un manuale che fornisce una licenza per riprodurre un numero illimitato di forni alchemici simile a quello appartenuto a Nordenskjöld, e dei materiali per realizzarli. Il manuale è disponibile in edizione numerata ma illimitata. Per ogni edizione venduta, il prezzo del manuale aumenta e quindi diventa sempre più costoso contribuire a ridurre l’unicità del lavoro. Oppure Zero Magic, in collaborazione con il mago Malin Nilsson e il sociologo della finanza Théo Bourgeron, nel quale hanno sviluppato un trucco magico per i mercati finanziari che ha la capacità di minare il valore percepito di una società quotata in borsa e di trarne profitto. La scatola magica contiene gli oggetti di scena e le attrezzature necessarie per eseguire queste manipolazioni finanziarie e anche riferimenti storici ad altri controversi trucchi magici eseguiti fuori scena, nella vita reale.

In questo continuo rimando all’illusionismo e alla segretezza non stupisce che il duo abbia pensato a un progetto che ruota intorno a un romanzo di cui non si conosce l’autore. Iniziato nel 2007, Headless è un’opera a lungo termine realizzato mescolando vari media, tra cui testi, eventi dal vivo, oggetti, immagini e video. Il progetto è culminato nel 2015 con la pubblicazione del romanzo Headless scritto dall’autore occulto K.D., formalmente un ex dipendente della società di consulenza offshore Sovereign Trust. Headless è stato scritto nel corso di sette anni, durante i quali il supposto romanziere K.D. ha utilizzato attori e investigatori per orchestrare eventi che hanno favorito lo sviluppo del romanzo. La trama inizia con l’autore John Barlow, che il duo di artisti Goldin+Senneby incaricano di scrivere come ghostwriter un romanzo sui paradisi fiscali, che si reca nelle Bahamas per indagare su Headless Ltd., una compagnia di ambigua natura con possibili collegamenti con una società segreta chiamata Acéphale (“senza testa” in greco) creata dal filosofo francese Georges Bataille nel 1938; ma anche una donna misteriosa sta cercando la verità su Headless e su Barlow. A poco a poco il ghostwriter si trova implicato in un omicidio e consumato dal mondo oscuro del capitalismo nascosto.
Headless mescola elementi della letteratura hard-boiled con l’iperromanzo alla Cortàzar e l’indagine giornalistica,  e vuole metaforizzare il fatto che la finanza offshore non sia altro, in estrema sintesi, che un’operazione di produzione di finzione su larga scala.
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THE OFFSHORE ECONOMIST
Demystification Committee

Dietro al collettivo Demystification Committee (dedicato all’analisi e allo studio delle piattaforme, delle reti e dei flussi di capitali e informazioni) ci sono due giovani artisti che rispondono ai nomi di Oliver Smith e Francesco Tacchini e che hanno fatto dell’arguzia e dell’ironia la loro chiave di lettura privilegiata. Come Goldin+Senneby anche questo duo ama mescolare le carte e l’Offshore Economist è soltanto la punta dell’iceberg di un intrigante lavoro di ricerca sui paradisi fiscali condotto in prima persona: un macroprogetto aziendal-artistico chiamato Offshore Investigation Vehicle.
Provo a spiegarlo in breve. In sostanza il progetto parte dalla creazione (reale) di due società, una onshore a Londra e una offshore alle Seychelles. La registrazione della società offshore avviene attraverso una rete di agenti intermediari, spesso provenienti da un sottobosco di agenzie che vendono i propri servizi su Internet con tanto di recensioni degli utenti, che assegnano anche il direttore della compagnia con sede alle Seychelles; formalmente la società offshore è indipendente e svincolata, ma nella realtà è totalmente controllata da Londra.

Dove possibile, entrambi gli agenti hanno commesso errori per salvaguardare la nostra privacy: omissioni, invenzioni plateali, ortografia tattica («How do you spell this fucking Italian name!?»). Ogni documento ha un’imperfezione volta a moltiplicare il numero di persone naturali e legali lì nominate, confondendo le carte e possibili future piste investigative. Questa tendenza l’avevamo già osservata studiando i Panama Papers, un fascicolo di documenti di società offshore, distribuito dal Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi. Tra quei documenti appaiono nomi simili ma diversi, indirizzi multipli ma con variazioni microscopiche, date a tre cifre, e così via. Questa tattica geniale favorisce coloro che utilizzano società offshore a sfavore di chi ne cerchi informazioni, sia in forum legali sia digitali.

Di ogni operazione, inclusa l’apertura di un conto corrente a Porto Rico, il Committee sottolinea la velocità e la semplicità, nonchè i controlli ridotti al minimo e i bassi costi.
A questo punto c’è una società internazionale (che può godere di benefici fiscali), ma che produce che cosa? Qui entra in gioco l’arte, e lo sberleffo. Radunato un improvvisato board di amici e conoscenti, il Committee realizza Offshore Spring/Summer 2018, una linea di costumi da bagno “esentasse”, e appunto The Offshore Economist, una pubblicazione in formato digitale, lunga cinque metri, che tratta di paradisi fiscali.
Fedele allo stile transmediale che contraddistingue questo tipo di operazioni, The Offshore Economist ospita saggi brevi (di cui uno sul rapporto tra musica elettronica e finanza offshore), una serie di microracconti, un “poema in forma di note a fondo pagina”, oltre ad illustrazioni e finti annunci pubblicitari che riprendono sarcasticamente il tema portante.
Il progetto è stato presentato in varie occasioni a Londra e Berlino.
Dopo circa un anno dalla sua fondazione, Empire Management Limited si è “dissolta”, approfittando delle facilitazioni con cui nel Regno Unito una società si può sciogliere con estrema facilità e velocità; cosa che permette di avallare, o quantomeno nascondere rapidamente operazioni poco lecite.

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Interviste estratte da:
Michele Smargiassi, “Il paradiso dei soldi è un labirinto”, R.it
Claudio Kulesko, “Buon paradiso fiscale a tutti”, Not